Diritto Minorile

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Diritto Minorile a Roma

Il diritto penale minorile non differisce per la tipologia dei reati, ma solo per la minore età del soggetto ritenuto responsabile.

La difesa penale minorile si caratterizza per la sensibilità del Difensore nell’affrontare il delicato rapporto anche comunicativo con il minore, che implica la capacità di fornire nel modo più adeguato il quadro della situazione di rilievo penale nella quale egli è rimasto coinvolto ed il ventaglio di relative soluzioni processuali per la migliore soluzione del caso specifico.

Accade infatti con frequenza che il minore sia destinatario di atti processuali (avvisi di garanzia, richieste di elezione di domicilio, etc.) notificati e relativi ad eventi quasi dimenticati verificatisi magari diversi mesi prima, rispetto ai quali solo un difensore specializzato può offrire le indicazioni idonee alla proficua individuazione dei rischi connessi.

Il diritto penale minorile si diversifica infatti da quello ordinario – a carico di soggetti adulti – in virtù di alcune caratteristiche peculiari del soggetto coinvolto. Il regime differenziato infatti si giustifica in base ad una sostanziale differenza tra minorenne e adulto proprio poiché il primo, soggetto la cui personalità è ancora in via di sviluppo, ha una maggiore occasione di crescita e di essere educato, non essendo dotato di strutture psicologiche definitivamente orientate. In tal senso la finalità rieducativa, tutelata dalla Costituzione all’articolo 27 comma 3 relativamente alle pene, acquisisce un ruolo di assoluta centralità per le maggiori possibilità di realizzazione rispetto al procedimento ordinario, in quanto già il processo in sé può costituire occasione per educare o rieducare il minore.

Il microsistema di giustizia minorile, non limitato alla mera repressione del fatto-reato, è infatti diretto in modo specifico alla ricerca delle forme più idonee per far comprendere all’imputato l’illiceità della condotta posta in essere proprio per ottenerne la rieducazione.

Fulcro del sistema di giustizia minorile è la personalità in formazione del minorenne, e l’accertamento processuale è finalizzato alla rieducazione

A tal fine il processo minorile tende a porre in essere un percorso responsabilizzante evitando per quanto qualsivoglia esperienza detentiva, che, anche negli adulti, produce spesso effetti opposti a quelli sperati, rafforzando l’orientamento verso propositi delinquenziali. Si suppone invece che il minore abbia maggiore probabilità di allontanarsi dalla devianza se alla sua rieducazione si provveda attraverso il coinvolgimento, se possibile, del suo ambiente familiare e sociale, idoneo a supportare la scelta non sempre semplice o scontata di cambiamento.

Il codice del processo penale minorile, cui si è data attuazione con D.P.R. 448/1988, prevedeva infatti ab origine alcuni istituti peculiari rispetto al rito ordinario quali il proscioglimento per irrilevanza del fatto e la sospensione del processo con messa alla prova: strumenti processuali che consentono di individualizzare la risposta dell’ordinamento a fronte di comportamenti che, seppur integranti fattispecie astratte di reato, assumono una diversa valenza proprio per il soggetto che li ha posti in essere.

Così il proscioglimento per irrilevanza del fatto consente di estromettere rapidamente il minore dal circuito penale evitando gli effetti pregiudizievoli che il processo inevitabilmente comporterebbe. Qualora venga accertato che il minore abbia realizzato la fattispecie astratta di reato contestata, si potrà comunque pervenire ad una sentenza di improcedibilità in presenza di tre condizioni: la tenuità del fatto, l’occasionalità del comportamento ed il rischio che la prosecuzione del processo pregiudichi le esigenze educative del minore.

La sospensione del processo con messa alla prova consente invece, verificata la responsabilità del minore, di osservare al di fuori dell’ambiente processuale l’evoluzione della personalità dell’imputato verso modelli positivi grazie all’aiuto esterno dei servizi sociali o di altri soggetti. Il processo viene così sospeso dal Tribunale per un periodo non superiore ad un anno a seconda del reato commesso, per intraprendere un percorso in grado di consentire la valutazione della condotta illecita in relazione al suo autore, e l’eventuale rinuncia della pretesa punitiva da parte dello Stato. La messa alla prova non prevede particolari preclusioni ed è astrattamente applicabile ad ogni tipologia di reato, a prescindere dalla gravità; non è ostacolato da eventuali precedenti penali dell’imputato nè da altri provvedimenti sospensivi già concessi, poiché può essere disposta per un numero illimitato di volte, né da eventuali esiti negativi di precedenti prove concesse nel medesimo o in altro procedimento.

Il Tribunale è infatti chiamato a compiere un giudizio prognostico sulla personalità dell’imputato all’esito di un periodo di osservazione, trattamento e sostegno idoneo a favorire la rieducazione ed il reinserimento sociale, e quindi sulla concreta possibilità di un cambiamento effettivo che determini il minore a dissociarsi dalla passata scelta deviante.

Nel corso della sospensione il minore è affidato ai servizi sociali minorili e destinatario di specifiche prescrizioni impartite dal giudice volte anche a riparare le conseguenze del reato e a promuovere la riconciliazione con la persona offesa. In tal modo la messa alla prova costituisce il giusto compromesso tra l’esigenza di evitare gli effetti stigmatizzanti relativi al procedimento penale, e la necessità di responsabilizzare il soggetto. Decorso il periodo di sospensione, il Tribunale, se ritiene che la prova abbia dato esito positivo, tenuto conto del comportamento del minorenne e dell’evoluzione della sua personalità, dichiara con sentenza estinto il reato.

Ulteriore istituto tipico del processo penale minorile è quello del perdono giudiziale, che rappresenta una causa di estinzione del reato. Il giudice, pur avendo accertato la responsabilità dell’imputato, può decidere di concedere il perdono giudiziale, e dunque pronunciare sentenza di proscioglimento, qualora la pena in concreto applicabile non sia una pena detentiva superiore nel massimo a due anni di reclusione ovvero una pena pecuniaria superiore ad € 1.549, anche se congiunta a pena detentiva, e a condizione che il colpevole non sia già stato precedentemente condannato a pena detentiva per delitto o dichiarato delinquente o contravventore abituale o professionale. Condizione necessaria è che il Tribunale ritenga ragionevolmente, sulla base dei criteri di cui all’art. 133 c.p., che il colpevole si asterrà dal commettere ulteriori reati.

L’istituto del perdono giudiziale comporta una rinuncia alla pretesa punitiva dello Stato nei confronti del minorenne colpevole di un reato, al fine di favorirne un più rapido recupero sociale.

Non può essere concesso più di una volta a meno che una seconda imputazione riguardi reati legati dal vincolo della continuazione con quello per il quale è stato concesso il perdono o qualora per il nuovo reato per cui si procede, commesso tuttavia prima della sentenza di perdono, la pena prevista, cumulata a quella precedente, non superi comunque i limiti di applicabilità del perdono.

Il Legislatore ha poi escluso l’applicabilità nel processo penale minorile del rito speciale dell’applicazione della pena su richiesta delle parti, il c.d. “patteggiamento”, e del procedimento per decreto penale di condanna, con una scelta anche in questo caso volta a tutelare l’interesse del minore ed in particolare a garantire un certo contatto tra questi e gli organi giudiziari che, in tal modo, hanno occasione di comprendere la situazione personale del minore e di valutarne la personalità ai citati fini rieducativi.

È infine vietata la costituzione di parte civile nel processo penale minorile: il danneggiato potrà far valere le proprie pretese risarcitorie in un separato e apposito giudizio civile, nel quale in ogni caso la sentenza eventualmente emessa dal Tribunale per i Minorenni in sede penale non avrà alcuna efficacia diretta.