Reati contro la persona ed il patrimonio

Avvocato specializzato nei
Reati contro la persona ed il patrimonio a Roma

Un numero importante di processi, in maggior parte (seppure con significative eccezioni) celebrati “a piede libero” (ossia con l’imputato non in stato di arresto o di custodia cautelare) sono costituiti dai reati contro la persona ed il patrimonio.

Derivano sovente da atti di denuncia e querela sporti dalle relative parti offese (le vittime del reato) ed altrettanto spesso il soggetto viene a conoscenza del processo a proprio carico dopo la notifica di un atto processuale quale l’elezione di domicilio o l’avviso di conclusione delle indagini preliminari (art.415 bis c.p.p.).

L’intervento di un Difensore tecnico, specializzato e di esperienza risulta determinante.

Infatti la tempestività nell’acquisizione degli elementi di prova, sia nei casi di imputazione a carico che in quelli nei quali si è vittime dei comportamenti altrui, è seconda per importanza solo al primario aspetto circa la piena comprensione della sempre articolata realtà in cui si colloca il reato o supposto tale.

Descrivere con accuratezza la delicata situazione complessiva ed il rapporto tra le parti in cui è maturato il reato (o supposto tale) consente infatti al Difensore di lungo corso di comprendere, con la dovuta dose di sensibilità e concretezza, se e quali siano le maggiori criticità per la posizione dell’Assistito, e di far emergere anche eventuali elementi a discarico della cui esistenza spesso il protagonista non è pienamente consapevole.

Tale confronto crea le premesse per il raggiungimento del fine prioritario dell’attività difensiva, rappresentato dalla ricerca e dal traguardo del miglior risultato rispetto alla specifica situazione processuale o preprocessuale.

I delitti contro la persona– posti dal Legislatore a tutela di diritti fondamentali quali la vita, l’incolumità personale, l’onore, la libertà personale e sessuale – sono disciplinati dal Titolo XII del Libro II del codice penale.

A seconda del bene tutelato per ciascuna fattispecie il Codice Penale li individua in tre distinte categorie:

1) Delitti contro la vita e l’incolumità individuale che comprendono l’omicidio e le lesioni personali

2) Delitti contro l’onore che riguarda la tutela del decoro, della dignità e della reputazione

3) Delitti contro la libertà individuale intesa come libertà personale e morale e ricomprendono anche i reati contro l’inviolabilità del domicilio e dei segreti.

Dal complesso di tali norme emerge il concetto di “persona” tutelata dal diritto penale ovvero quelle attribuzioni che l’ordinamento riconosce all’individuo e che hanno come contenuto la pretesa all’inviolabilità dei propri diritti (alla vita, all’integrità fisica, all’onore, alla riservatezza) oppure la libertà di compiere attività personali.

I reati originariamente previsti dal Codice sono stati implementati nel corso degli ultimi anni attraverso numerose novelle legislative volte a tutelare nuovi comportamenti criminosi, quali ad esempio la Legge n.66/96 in tema di violenza sessuale (legge che ha introdotto gli artt. 609 bis e ss. del Codice Penale) oppure la Legge 269/98 sulla pedofilia (legge che ha introdotto gli artt. 600 bis e ss. del codice penale). Da ultimo si ricordi la legge 38/2009 che ha introdotto la sempre più contestata fattispecie di reato di atti persecutori, c.d. stalking, disciplinato dall’art. 612 bis del codice penale, che per il rilievo assunto negli ultimi decenni merita un breve analisi a parte nella sezione dedicata del sito .

I DELITTI CONTRO LA VITA E L’INCOLUMITÀ INDIVIDUALE

Le principali figure criminose dei reati contro la persona comprendono quelle che privano la vittima di un bene primario, come la vita e l’incolumità individuale, intesa come integrità fisica e psichica.

Il Codice penale prevede e punisce i delitti contro la vita e l’incolumità individuale, come l’omicidio (art. 575 c.p.), l’infanticidio (art. 578 c.p.), l’omicidio del consenziente (art. 579 c.p.), l’istigazione o aiuto al suicidio (art. 580 c.p.), le percosse(art. 581 c.p.), la lesione personale(art. 582 c.p.), l’omicidio preterintenzionale (art. 584 c.p.), la morte o lesioni come conseguenza di altro delitto (art. 586 c.p.), la rissa (art. 588 c.p.), l’omicidio colposo (art. 589 c.p.), l’omicidio stradale (art. 589 bis c.p.) lesioni personali colpose (art. 590 c.p.), l’omissione di soccorso (art. 593 c.p.).

OMICIDIO STRADALE

Il delitto di omicidio stradale, previsto e punito dall’art. 589 bis c.p., è stato collocato dal legislatore penale del 2016 nel libro II , Titolo XII, Capo I rubricato “Dei delitti contro la vita e l’incolumità individuale” del vigente Codice Penale.

Prima della legge del 2016 che ha introdotto l’omicidio stradale, questa fattispecie rientrava nel reato di omicidio colposo (pena da 6 mesi a 5 anni, art. 589 c.p.), che comunque prevedeva un’aggravante specifica per la violazione di norme stradali con pene aumentate da 2 a 7 anni, che potevano diventare da 3 a 10 anni se il colpevole fosse risultato in stato di ebbrezza grave o di alterazione da droga.

Tali pene però ben potevano ritenersi irrisorie rispetto ai gravi fatti compiuti e pertanto  apparivano – soprattutto rispetto al sentire popolare derivante anche da mirate campagne mediatiche – irrisorie rispetto ai gravi fatti di cronaca  tanto da indurre il legislatore a separare nettamente le ipotesi di omicidio e lesioni stradali dalla disciplina generale del reato colposo.

La ratio dell’introduzione dell’omicidio colposo stradale è individuabile proprio nell’esigenza di una più intensa e penetrante tutela penale in un settore della vita di relazione particolarmente importante dal punto di vista socio – economico, caratterizzato da un alto livello di rischio per l’incolumità individuale.

In particolare, in caso di omicidio stradale il Codice prevede la reclusione da due a sette anni per chiunque cagioni per colpa la morte di una persona con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale.

Se il conducente cagiona la morte di una persona ponendosi alla guida in stato di ebbrezza alcolica (con tasso alcolemico con valore superiore a 1,5 grammi per litro) o di alterazione psicofisica conseguente all’assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope la pena è della reclusione da otto a dodici anni.

Nei casi di tasso alcolemico del conducente ricompreso in un valore superiore a 0,8 grammi per litro, ma inferiore a 1,5 grammi per litro, la pena è della reclusione da cinque a dieci anni, a meno che non si tratti di conducente che eserciti un’attività di trasporto di persone o cose, o di autoveicoli di massa complessiva superiore a 3,5 t, di autoveicoli con rimorchio, autoarticolati, autosnodati e autobus, ovvero mezzi di trasporto di persone con più di otto posti: in tal caso la pena prevista è quella della reclusione da otto a dodici anni.

La pena è della reclusione da cinque a dieci anni, nel caso in cui il conducente cagioni la morte di un uomo a seguito di alcuni comportamenti specificamente indicati dalla norma, quali: violazione dei limiti di velocità in centro urbano e su strade extraurbane, circolazione contromano o attraversamento di un incrocio con semaforo rosso, soprasso in prossimità di attraversamento pedonale o linea continua, inversione di marcia in corrispondenza di incroci, curve o dossi.

Se, infine, il conducente che ha cagionato la morte di una persona è sprovvisto di patente di guida o quest’ultima è sospesa o revocata, ovvero il veicolo sia di proprietà dell’autore del fatto e sia sprovvisto di assicurazione, tutte le pene sopra indicate sono aumentate fino a un terzo.

L’art.589-ter c.p., inoltre, prevede un aumento di pena da un terzo a due terzi nel caso in cui il conducente che abbia cagionato la morte di un uomo mentre era alla guida di un veicolo, si dia alla fuga.

Sempre nel titolo XII del libro secondo del Codice Penale sono contenuti i reati di lesioni personali colpose (art. 590 c.p.), di lesioni personali stradali gravi o gravissime (art. 590-bis c.p.), articolo, quest’ultimo, inserito dalla legge 23 marzo 2016, n. 41 e che prevede aumenti di pena rispetto alle lesioni personali colpose, secondo una casistica simile a quella prevista per l’omicidio stradale.

L’art. 590-ter c.p. prevede, analogamente a quanto previsto per l’omicidio stradale, un aumento di pena per il conducente che abbia cagionato lesioni personali stradali e si dia poi alla fuga.

L’art. 590-quater, invece, stabilisce una prevalenza delle circostanze aggravanti previste per l’omicidio stradale e per le lesioni personali stradali gravi o gravissime su tutte le circostanze attenuanti che possano ricorrere nel caso di specie, a meno che l’autore del fatto sia un minore degli anni diciotto o ricorrano i casi di cui all’art. 114 c.p.

DELITTI CONTRO L’ONORE

Il capo secondo del titolo XII del libro 2° del codice penale è dedicato ai delitti contro l’onore che tutelano il bene del valore sociale della persona, costituiti dal decoro e dalla reputazione.

Da un punto di vista generale, l’onore, come possibile oggetto di tutela penale, trova il suo fondamento nell’art. 3 della Costituzione, che affermando la pari dignità sociale di tutti i cittadini mira appunto a vietare ai singoli l’espressione di giudizi di indegnità rivolti agli altri loro simili.

I due reati contro l’onore previsti dal legislatore sono costituiti dall’ingiuria (art. 594 c.p., oggi depenalizzato con il D.L.vo n. 7 del 15 gennaio 2016 ) e dalla diffamazione (art 595 c.p.).

Elemento differenziale tra i due reati è la presenza o meno della persona offesa al momento di commissione del fatto: ingiuria quando l’offesa all’onore o al decoro è fatta alla presenza dell’offeso e diffamazione per chi comunicando con più persone, offende la reputazione di una persona non presente.

La maggiore gravità del delitto di diffamazione rispetto a quello di ingiuria risiede nel fatto che l’offesa arrecata in assenza del soggetto passivo preclude ogni possibilità di difesa o ritorsione. Per entrambe le ipotesi di reato il presupposto è che la dichiarazione offensiva venga divulgata, in forma orale o scritta, in modo da risultare conosciuta a più persone. La pena prevista per il reato di diffamazione è la reclusione fino a un anno oppure una multa fino a 1032 euro.

Disciplina specifica è prevista dall’art. 596/bis per il caso di diffamazione a mezzo stampa, che costituisce una forma aggravata del reato di diffamazione e viene punita più severamente dal nostro Codice penale: la pena prevista dal nostro legislatore in questa ipotesi è, infatti, la reclusione da sei mesi a tre anni o una multa non inferiore a 516 euro.

Il Legislatore ha appositamente previsto tale ipotesi aggravata di diffamazione in virtù del fatto che tali strumenti (la stampa o qualsiasi altro mezzo di pubblicità), per loro natura, essendo in grado di raggiungere un numero indefinito di persone aumentano la capacità lesiva dell’espressione diffamante, e perciò costituiscono condotte da punire con maggiore severità.

Tale disposizione si deve ritenere applicabile anche alle condotte diffamatorie poste in essere tramite l’utilizzo di bacheche “facebook” e/ o social network simili.

DELITTI CONTRO LA LIBERTA’ INDIVIDUALE

Alla tutela delle libertà individuali è dedicato il capo terzo del dodicesimo titolo del libro secondo del Codice Penale. Tale capo, a sua volta, si divide in cinque sezioni:

1) Sezione I  (art. 600-604 c.p.) delitti contro la personalità individuale tutela il diritto di liberta individuale in senso stretto, in quanto prevede fatti che annullano completamente la personalità del soggetto passivo, che viene ridotto in stato di schiavitù fisica o psichica. Tale sezione è stata notevolmente ampliata dalla legge 3 agosto 1998 n. 269, contenente norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia e del turismo sessuale in danno di minori quali nuove forme di riduzione in schiavitù.

2) Sezione II (art. 605-609 decies) delitti contro la libertà personale tutela la libertà intesa come libertà di azione e di locomozione, in tutte le sue forme, prevedendo come reati gli atti che riducono o annullano tale libertà. Tale sezione ha subito notevoli innovazioni per effetto della legge 15-02-1996 n. 66 recante “Norme contro la violenza sessuale”.

3) Sezione III  (artt. 610-613 ter c.p.) delitti contro la libertà morale tutela la libertà morale del soggetto , e cioè la libertà di autodeterminarsi . Essa comprende i reati che limitano la libertà psichica di autodeterminazione del soggetto, fra i quali i principali sono la violenza privata, la minaccia, lo stalking e il revenge porn, che per il rilievo acquisito negli ultimi anni meritano un breve analisi in apposita sezione del sito.

4) Sezione IV (art. 614 -615 quienquiesi) delitti contro l’inviolabilità del domicilio che tutela l’inviolabilità del domicilio garantita dall’art. 14 della Costituzione.

5) Sezione V (art. 616-623 bis ) delitti contro l’inviolabilità dei segreti che tutela il diritto di libertà e segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione garantita dall’art. 15 della Costituzione.

Dall’insieme delle norme che la tutelano la libertà individuale può essere definita come la pretesa strettamente individuale all’assenza di limitazioni poste da terzi a talune specifiche manifestazione della sfera di autonomia del singolo. Ne deriva che l’oggetto principale della tutela penale delle norme in esame resta la persona.

SEZIONE I “DELITTI CONTRO LA PERSONALITA’ INDIVIDUALE”

Fra i reati contro la libertà individuale, raggruppati nella sezione I denominata “Dei delitti contro la personalità individuale”, si annoverano la riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù (art. 600 c.p.), la prostituzione minorile (art. 600-bis c.p.), la pornografia minorile (art. 600-ter c.p.), la detenzione di materiale pornografico (art. 600-quater c.p.), la pornografia virtuale (art. 600-quater), il reato di iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile (art. 600-quinquies c.p.) e di impiego di minori nell’accattonaggio (art. 600-octies c.p.), la tratta di persone (art. 601 c.p.), il traffico di organi prelevati da persona vivente (art. 601-bis c.p.), l’acquisto e alienazione di schiavi (art. 602 c.p.), l’intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro (c.d. “caporalato”, art. 603-bis c.p.).

Tali norme si applicano anche quando il fatto è commesso all’estero da cittadino italiano, ovvero in danno di cittadino italiano, ovvero dallo straniero in concorso con cittadino italiano. In quest’ultima ipotesi, lo straniero è punibile quando si tratta di delitto per il quale è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni e quando vi è stata richiesta del Ministro della giustizia (art. 604 c.p.). Difatti il legislatore per rendere più efficace la lotta allo sfruttamento sessuale dei minori, ha introdotto una deroga al principio di territorialità dichiarando punibile secondo la legge italiana anche i fatti commessi all’estero da o a danno di un cittadino italiano.

SEZIONE I bis “DEI DELITTI CONTRO L’EGUAGLIANZA”

Il d.lgs. 1 marzo 2018 n. 21 ha introdotto l’art. 604 bis del codice penale rubricato “Propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale etnica e religiosa” che ha ad oggetto condotte discriminatorie. Detto articolo si colloca nella neo sezione I bis dedicata ai delitti contro l’eguaglianza.

I reati previsti dall’art. 604 bis c.p. sono reati comuni di mera condotta che possono essere posti in essere da qualunque soggetto. Trattandosi di un reato di opinione, per tale deve essere inteso una fattispecie che incrimina la manifestazione, l’espressione di un certo contenuto di pensiero.

Nello specifico, per condotte discriminatorie deve intendersi ogni azione volta alla distinzione, esclusione, restrizione o preferenza basata sulla razza, colore, ascendenza o origine etnica, che ha lo scopo o l’effetto di distruggere o di compromettere il riconoscimento, il godimento o l’esercizio, in condizioni di parità, dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali in campo politico, economico, sociale e culturale o in ogni altro settore della vita pubblica.

SEZIONE II “DELITTI CONTRO LA LIBERTA’ PERSONALE”

Fra i reati contro la libertà personale, invece, vanno menzionati il sequestro di persona (art. 605 c.p.), l’arresto illegale (art. 606 c.p.), l’indebita limitazione di libertà personale (art. 607 c.p.), l’abuso di autorità contro arrestati o detenuti (art. 608 c.p.), il reato di perquisizione e ispezione personali arbitrarie (art. 609 c.p.), la violenza sessuale (art. 609-bis c.p.), nelle sue varie forme aggravate (art. 609-ter c.p.), gli atti sessuali con minorenni (art. 609-quater c.p.), la corruzione di minorenne (art. 609-quinques c.p.), la violenza sessuale di gruppo (art. 609-octies .p.), l’adescamento di minorenni (art. 609-undecies c.p.).

SEZIONE III “DELITTI CONTRO LA LIBERTA’ MORALE “

Sono posti a tutela della libertà morale, ovvero della libertà di autodeterminazione, i reati di violenza privata (art. 610 c.p.), di violenza o minaccia per costringere a commettere un reato (art. 611 c.p.), di minaccia (art. 612 c.p.), di atti persecutori (c.d. “stalking”, art. 612-bisc.p.), diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti (c.d. “revenge porn”, art. 612 ter c.p.).

I delitti contro la libertà morale ricomprendono anche lo stato di incapacità procurato mediante violenza (art. 613 c.p.), la tortura (art. 613-bis c.p.) e l’istigazione del pubblico ufficiale a commettere tortura (art. 613-ter c.p.). Le ultime due fattispecie sono state recentemente introdotte dalla legge 14 luglio 2017, n. 110.

STALKING

Lo “stalking”, cui è dedicata specifica sezione nel presente sito, è stato introdotto con il decreto legge 23 febbraio 2009, n. 11(convertito in Legge 23 aprile 2009, n. 38 con l’art. 612 bis c.p. relativo ad “atti persecutori”, espressione con cui si è tradotto il termine di origine anglosassone “to stalk” (letteralmente “fare la posta”), con il quale si vuol far riferimento alle condotte persecutorie e di interferenza nella vita privata di una persona

Lo “stalking” viene integrato dal comportamento di chi, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.

È prevista la pena della reclusione da sei mesi a cinque anni. Se il fatto è commesso dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa, ovvero se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici, la pena è aumentata. La pena è altresì aumentata fino alla metà se il fatto è commesso a danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità, ovvero con armi o da persona travisata. Il delitto è punito a querela della persona offesa, da proporre entro il termine di sei mesi. Si procede tuttavia di ufficio se il fatto è commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere di ufficio.

REVENGE PORN

La legge 19 luglio 2019, n. 69 “Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere, il c.d Codice Rosso” ha introdotto l’articolo 612-terc.p. in materia di Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti, reato per il quale si è già diffusa la definizione di revenge porn.

La collocazione sistematica dell’art. 612-ter all’interno del titolo XII, sezione III, dei delitti contro la libertà morale, suggerisce che il bene giuridico tutelato sia, in primis, la libertà di autodeterminazione dell’individuo. Tuttavia la fattispecie in esame deve essere considerata plurioffensiva, in quanto tutela altresì l’onore, il decoro, la reputazione e la privacy, nonché il c.d. “onore sessuale” della singola persona, attinente alla vita sessuale e alla reputazione di cui gode.

L’espressione «revenge porn» associa la parola vendetta alla pornografia, comprendendo il moltiplicarsi di episodi di vendetta ai danni di vittime violate nella loro sfera intima, che vedono la propria immagine diffondersi in maniera «virale» senza averlo mai concesso o persino a loro insaputa.

Con tale espressione si intende infatti «la creazione consensuale di immagini intime o sessuali all’interno di un contesto di coppia e la non consensuale pubblicazione delle stesse da parte di uno dei membri finalizzata a vendicarsi della rottura spesso burrascosa della relazione intima» (revenge porn in senso stretto). Tale espressione è utilizzata, nel linguaggio comune, anche per indicare ogni forma di diffusione non consensuale di immagini pornografiche o comunque aventi un contenuto sessuale (revenge porn in senso estensivo), a prescindere quindi dalla pregressa esistenza di una relazione sentimentale ovvero dalla finalità ritorsiva di colui che pubblica le immagini. Rientra nella nozione estensiva di revenge porn, ad esempio, la pubblicazione in rete delle immagini e dei video sessualmente espliciti di celebrità in conseguenza dell’hackeraggio dei loro account icloud».

L’autore del revenge porn è chi essendo in possesso dei contenuti sessualmente espliciti, li diffonde, pubblica o cede in modo indebito, vale a dire senza il consenso delle persone ritratte.

Il reato di revenge porn può non essere commesso da chi realizzato direttamente la foto o il video in questione, oppure li ha ricevuti da colui che è rappresentato, ma anche da terzi che ne hanno la disponibilità perché il contenuto è stato messo in circolazione.

La legge punisce la diffusione illecita di immagini o di video sessualmente espliciti, sottoponendo alla stessa pena sia chi ha diffuso il materiale perché lo aveva realizzato, (ad esempio il fidanzato che scatta alcune foto alla fidanzata e poi le pubblica), sia chi entrato in possesso dei contenuti, contribuisca alla loro diffusione.

Particolari ipotesi legittimano relativi inasprimenti di pena.

E la pena stessa è aumentata se la diffusione illecita di immagini o di video sessualmente espliciti sia commessa dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa, ovvero se i fatti sono commessi attraverso strumenti informatici o telematici.

Il revenge porn attuato dall’ex fidanzato/a o commesso attraverso social network, internet o smartphone rappresenta una forma aggravata del reato.

La pena è aumentata da un terzo alla metà se i fatti sono stati commessi in danno di una persona in condizione di inferiorità fisica o psichica, o in danno di una donna in stato di gravidanza.

SEZIONE IV DELITTI CONTRO L’INVIOLABILITA’ DEL DOMICILIO

La sezione IV del Capo III del titolo XII detta la disciplina penale dei delitti contro la inviolabilità del domicilio tutelato dall’art. 14 della Costituzione  che così recita: “Il domicilio è inviolabile. Non vi si possono eseguire ispezioni o perquisizioni o sequestri, se non nei casi e modi stabiliti dalla legge secondo le garanzie prescritte per la tutela della libertà personale. Gli accertamenti e le ispezioni per motivi di sanità e di incolumità pubblica o a fini economici e fiscali sono regolati da leggi speciali.”

Tale sezione ricomprende i reati di violazione di domicilio (art. 614 c.p.), di violazione di domicilio commessa da un pubblico ufficiale (art. 615 c.p.), di interferenze illecite nella vita privata (art. 615-bis c.p.), di accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico (art. 615-ter c.p.), di detenzione e diffusione abusiva di codici di accesso a sistemi informatici o telematici (art. 615-quater c.p.), di diffusione di apparecchiature, dispositivi o programmi informatici diretti a danneggiare o interrompere un sistema informatico o telematico (art. 615-quinquies c.p.).

SEZIONE V DELITTI CONTRO L’INVIOLABILITA’ DEI SEGRETI

Le norme contenute nella sezione V del Capo III del libro II del codice penale tutelano il segreto. Il segreto è quella cosa intima che non si vuole rivelare a nessuno o che è a conoscenza di poche persone che non vogliono sia divulgata.

Il segreto così inteso può riguardare oggetti diversi, e rispettivamente:

– SEGRETO DI STATO concernente oggetti, notizie, documenti, i quali non possono essere divulgati, in quanto relativi alla sicurezza dello Stato.

– SEGRETO BANCARIO riguarda l’obbligo imposto alle banche di non divulgare notizie relative alle operazioni compiute dai clienti.

– SEGRETO D’UFFICIO riguarda elementi non divulgabili da parte di chi , per ragioni del suo ufficio, ne sia a conoscenza.

– SEGRETO EPISTOLARE, TELEGRAFICO, TELEFONICO è quello relativo alle notizie contenute in lettera o messaggi telegrafici o telefonici.

– SEGRETO INDUSTRIALE O SCIENTIFICO è quello attinente alle scoperte scientifiche o a metodi di produzione , di fabbricazione che servono per raggiungere un certo risultato.

– SEGRETO PROFESSIONALE è quello dell’obbligo imposto a determinati professionisti (medici, avvocati, magistrati, impiegati di banca….) di non divulgare le notizie di cui sono venuti a conoscenza per ragioni della loro professione;

– SEGRETO SACRAMENTALE è quello imposto al confessore relativamente alle cose di cui sia venuto a conoscenza durante la confessione .

Ricompresi tra tali delitti contro la inviolabilità dei segreti sono altresì la violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza (art. 616 c.p.), la cognizione interruzione o impedimento illeciti di comunicazioni o conversazioni telegrafiche o telefoniche (art. 617 c.p.), l’installazione di apparecchiature atte ad intercettare od impedire comunicazioni o conversazioni telegrafiche o telefoniche (art. 617-bis c.p.), la falsificazione, alterazione o soppressione del contenuto di comunicazioni o conversazioni telegrafiche o telefoniche (art. 617-ter c.p.), l’intercettazione, impedimento o interruzione illecita di comunicazioni informatiche o telematiche (art. 617-quater c.p.), l’installazione di apparecchiature atte ad intercettare, impedire o interrompere comunicazioni informatiche o telematiche (art. 617-quinquies c.p.), la falsificazione, alterazione o soppressione del contenuto di comunicazioni informatiche o telematiche (art. 617-sexies c.p.), la rivelazione del contenuto di corrispondenza (art. 618 c.p.), la violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza commesse da persona addetta al servizio delle poste, dei telegrafi o dei telefoni (art. 619 c.p.), la rivelazione del contenuto di corrispondenza, commessa da persona addetta al servizio delle poste, dei telegrafi o dei telefoni (art. 620 c.p.), la rivelazione del contenuto di documenti segreti(art. 621 c.p.), la rivelazione di segreto professionale (art. 622 c.p.) e la rivelazione di segreti scientifici o industriali (art. 623 c.p.).

L’art. 623-bis c.p. precisa che le disposizioni contenute nella sezione V, relative alle comunicazioni e conversazioni telegrafiche, telefoniche, informatiche o telematiche, si applicano a qualunque altra trasmissione a distanza di suoni, immagini od altri dati.

DELITTI CONTRO IL PATRIMONIO

I reati contro il patrimonio rappresentano una componente, se si vuole, “tradizionale” dell’area del diritto penale, poiché puniscono comportamenti da sempre ritenuti meritevoli di sanzione, quali:

il furto;

la rapina;

l’estorsione;

l’usura;

la truffa;

l’appropriazione indebita;

il danneggiamento.

Il Codice Penale distingue i delitti contro il patrimonio in due grandi categorie a seconda che siano commessi mediante violenza sulle cose o sulle persone, oppure mediante frode. Nel primo gruppo sono ricomprese varie figure di reato quali il furto, la rapina, l’estorsione, l’usurpazione e le altre violazioni dei diritti sui beni immobili, nonché i delitti di danneggiamento. Nel secondo gruppo sono invece ricompresi la truffa, l’appropriazione indebita, l’usura e la ricettazione.

Il furto (art. 624 c.p.)

Questa fattispecie ha lo scopo di tutelare il possesso delle cose mobili. Il possesso è protetto anche dalle norme di diritto privato tramite l’azione di reintegrazione e manutenzione. L’essenza di tale fattispecie si realizza nel passaggio del possesso ad un’altra persona.

 

Il soggetto passivo del delitto è il possessore della cosa mobile, a quest’ultimo spetta il diritto di querela nei casi in cui il furto non sia perseguibile d’ufficio.

La condotta attraverso cui si realizza il furto è quindi l’impossessamento della cosa altrui e tale azione non deve verificarsi mediante violenza o minaccia, altrimenti si configura il più grave reati di rapina (art. 628 c.p.).

Il furto si perfeziona con l’impossessamento, cioè quando l’agente acquista la disponibilità autonoma della cosa. Quando la cosa esce dalla sfera di vigilanza del precedente possessore e si crea un nuovo possessore il furto si considera consumato.

La rapina (art. 628 c.p.)

La norma comprende due figure criminose che hanno in comune l’impossessamento del bene mobili altrui e l’uso della violenza alle persone o della minaccia.

Rapina propria: la violenza costituisce il mezzo con cui si ottiene l’impossessamento. E’ un tipico reato plurioffensivo in quanto la norma è volta a tutelare il possesso della cosa mobile e la libertà personale.

Rapina impropria: la violenza è usata per conservare il possesso della cosa sottratta o per conseguire l’impunità.

La rapina è aggravata se:

la violenza o la minaccia è commessa con armi, o da persona travisata, o da più persone riunite;

la violenza consiste nel porre taluno in stato di incapacità di volere o di agire;

la violenza o minaccia è posta in essere da persona che fa parte di associazioni di tipo mafioso;

l’agente si impossessa di armi, munizioni o esplosivi, commettendo il fatto in armerie, ovvero in depositi o altri locali adibiti alla custodia di essi.

L’appropriazione indebita (art. 646 c.p.)

La ratio di tale norma è quella di impedire gli attentati patrimoniali che possono essere commessi da chi è in possesso della cose mobili altrui.

In tal modo il Legislatore punisce il possessore di una cosa mobile non propria che si comporti come se fosse il padrone e compia sulla stessa atti di disposizione spettanti invece al proprietario.

Presupposto del reato è pertanto che l’agente abbia il possesso della cosa mobile (si tratta in questo caso di un mero possesso e non di proprietà).

La ricettazione (art. 648 c.p.)

Secondo l’art. 648, risponde del reato di ricettazione colui che “fuori dai casi di concorso nel reato, al fine di procurare a sé o ad altri un profitto, acquista, riceve od occulta denaro o cose provenienti da qualsiasi delitto, o comunque si intromette nel farli acquistare, ricevere o occultare”.

Il comma II prevede una pena minore se il fatto è di particolare tenuità, mentre il comma III prevede che la norma in oggetto si applichi anche nel caso in cui “l’autore del delitto, da cui il denaro o le cose provengono, non è imputabile o non è punibile ovvero quando manchi una condizione di procedibilità riferita a tale delitto”.

Il dolo consiste nella volontà di acquistare, ricevere, occultare o intromettersi nella disponibilità del bene, nella consapevolezza della provenienza delittuosa del denaro o del bene.

Il riciclaggio (art. 648 bis c.p.)

L’art. 648 bis incrimina “chiunque fuori dei casi di concorso nel reato, sostituisce o trasferisce denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto non colposo, ovvero compie in relazione ad essi altre operazioni, in modo da ostacolare l’identificazione della loro provenienza delittuosa”.

La pena è aumentata nel caso in cui il fatto sia commesso nell’esercizio di un’attività professionale.

La pena è, al contrario, diminuita “se il denaro, i beni o le altre utilità provengono da delitto per il quale è stabilita la pena della reclusione inferiore nel massimo a cinque anni”.