Reati Fallimentari
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Reati Fallimentari a Roma
LA BANCAROTTA ED IL DIRITTO PENALE DELL’IMPRESA
Il diritto penale d’impresa, altresì definito anche come diritto penale dei cd. colletti bianchi, è un ramo del diritto penale che disciplina la responsabilità penale connessa all’esercizio dell’attività di impresa.
Ha per oggetto la responsabilità penale delle persone giuridiche, (società ed imprese) e delle persone fisiche che esercitano le relative attività aziendali.
Annovera reati quali frodi finanziarie, reati fallimentari, reati fiscali, violazioni delle normative ambientali, corruzione, riciclaggio di denaro, e plurime violazioni della normativa della sicurezza sul lavoro.
Le sanzioni previste per tali reati, con previsioni edittali anche molto elevate che ben possono determinare l’interdizione e la carcerazione del dirigente aziendale condannato, includono multe, confische dei beni e diverse restrizioni aziendali.
La principale finalità del diritto penale d’impresa è quella di garantire che le imprese operino in modo responsabile nel rispetto delle normative vigenti, evitando così comportamenti fraudolenti finalizzati ad alterare la concorrenza o a minare l’affidamento dei creditori.
La contestazione per tale tipologia di reati comporta pertanto la prodromica analisi, da parte di un difensore capace ed analitico, della documentazione societaria al fine di operare le scelte processuali più opportune, finalizzate all’eliminazione delle potenziali quanto gravi conseguenze determinate del sistema sanzionatorio a carico dell’imprenditore.
L’utilizzo di Consulenti Tecnici specializzati risulta in questi casi indispensabile per contrastare in modo adeguato le contestazioni contenute nei capi di imputazione di cui al primo atto processuale notificato (spesso l’elezione di domicilio), in genere recepite de plano dalle Relazioni ex art. 33 redatte dal Curatore fallimentare a volte in modo sin troppo sbrigativo ed incompleto.
Che cos’è il diritto penale fallimentare?
Il diritto penale fallimentare è definibile quale branca del diritto penale d’impresa e disciplina tutte le fattispecie criminose contenute nel titolo VI del R.D. del 16 marzo 1942 n. 267 (c.d. legge fallimentare) ed in qualche modo disciplina tutte le distorsioni che possono verificarsi nella fase della crisi d’impresa punendo le condotte ed i comportamenti commessi dell’imprenditore (prima o dopo la dichiarazione di fallimento) in danno dei creditori sociali.
La disciplina fallimentare è stata da ultimo riformata dal d.lgs. 12 gennaio 2019 n. 14 che ha introdotto il codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, destinato a sostituire definitivamente la legge fallimentare.
Quali sono i reati fallimentari?
I reati fallimentari puniscono le condotte poste in essere dall’imprenditore insolvente in danno dei creditori in presenza di una procedura concorsuale.
I reati fallimentari regolano e sanzionano la responsabilità penale dell’imprenditore, ma a differenza dei reati tributari mirano a tutelare un diverso bene giuridico rappresentato dal diritto di garanzia che i creditori legittimamente vantano sul patrimonio dell’imprenditore dichiarato fallito.
In altre parole, i reati fallimentari tendono a salvaguardare il patrimonio dell’impresa e quindi la sua consistenza patrimoniale al fine di rendere possibile una distribuzione equa tra i diversi creditori sociali.
L’obiettivo dei reati fallimentari è quindi proteggere e tutelare i creditori da attività illecite e fraudolente dell’imprenditore poste in essere nel corso di una procedura concorsuale.
I principali reati fallimentari sono:
- il reato di bancarotta;
- il reato di ricorso abusivo del credito.
BANCAROTTA FRAUDOLENTA (Art. 216 legge fallimentare -Bancarotta Fraudolenta)
La normativa:
È punito con la reclusione da tre a dieci anni, se è dichiarato fallito, l’imprenditore, che:
1) ha distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato in tutto o in parte i suoi beni ovvero, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, ha esposto o riconosciuto passività inesistenti;
2) ha sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a sè o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori, i libri o le altre scritture contabili o li ha tenuti in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari.
La stessa pena si applica all’imprenditore, dichiarato fallito, che, durante la procedura fallimentare, commette alcuno dei fatti preveduti dal n. 1 del comma precedente ovvero sottrae, distrugge o falsifica i libri o le altre scritture contabili.
È punito con la reclusione da uno a cinque anni il fallito, che, prima o durante la procedura fallimentare, a scopo di favorire, a danno dei creditori, taluno di essi, esegue pagamenti o simula titoli di prelazione.
Salve le altre pene accessorie, di cui al capo III, titolo II, libro I del codice penale, la condanna per uno dei fatti previsti nel presente articolo importa per la durata di dieci anni l’inabilitazione all’esercizio di una impresa commerciale e l’incapacità per la stessa durata ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa.
- Differenza tra bancarotta semplice e fraudolenta
Il fallimento è la procedura concorsuale che viene attivata quando una società, a seguito di una crisi, non dispone dei mezzi necessari per onorare i debiti nei confronti dei propri creditori.
Ricorrendo tale ipotesi, a seguito della procedura fallimentare, l’intera proprietà della società (i beni, i macchinari, etc.) viene “liquidata” e suddivisa tra i creditori per pagare i debitori.
Il fallimento svolge pertanto la funzione di tutelare i creditori dell’imprenditore e garantire una distribuzione quanto più equa possibile dei suoi beni.
La bancarotta, invece, rappresenta una frode fallimentare, una condotta (dolosa o colposa) posta in essere dall’imprenditore, prima o durante la procedura fallimentare, idonea ad arrecare un pregiudizio ai creditori dell’azienda.
La Legge Fallimentare distingue due tipi di bancarotta, a seconda della gravità del fatto commesso dall’imprenditore:
- La bancarotta fraudolenta (art. 216 Legge Fallimentare);
- La bancarotta semplice (art. 217 Legge Fallimentare).
Il reato di bancarotta semplice punisce condotte meno gravi, che derivano da negligenza o imprudenza nella gestione dell’impresa, quali ravvisabili, ad esempio, nell’imprenditore che effettui spese personali eccessive, compia operazioni speculative per ritardare la dichiarazione di fallimento o continui l’attività dell’impresa causando un aggravamento dello stato di insolvenza.
Il reato di bancarotta fraudolenta è il reato fallimentare più grave previsto dal nostro ordinamento e punisce specifiche condotte dolose, commesse dall’imprenditore al fine di sottrarre beni ai creditori o di nascondere lo stato di insolvenza della società.
Può in sintesi affermarsi che la differenza tra la bancarotta semplice e quella fraudolenta risieda nell’elemento soggettivo del reato (cd. dolo):
se infatti le condotte poste in essere dall’imprenditore sono riconducibili a negligenza o imprudenza nella gestione della società sussiste una ipotesi di bancarotta semplice;
se invece le condotte derivano da una precisa volontà dell’imprenditore di sottrarre beni ai creditori della società o di impedire alla curatela fallimentare di ricostruire il patrimonio della società, sussiste una ipotesi di bancarotta fraudolenta.
Differenze tra bancarotta fraudolenta e bancarotta semplice
- La bancarotta fraudolenta
La bancarotta fraudolenta è un reato previsto dall’art. 216 della Legge Fallimentare e punisce specifiche condotte, poste in essere dall’imprenditore o dall’amministratore di una società, in previsione del fallimento dell’azienda, con l’intento di frodare i creditori o di celare lo stato di insolvenza.
In particolare, l’art. 216 della Legge Fallimentare prevede tre tipologie di bancarotta fraudolenta:
La bancarotta patrimoniale (distrarre, vendere, trasferire, o distruggere beni dell’azienda per evitare che questi vengano utilizzati dalla curatela fallimentare per soddisfare i creditori);
La bancarotta documentale (falsificare o nascondere libri contabili per impedire alla curatela fallimentare di ricostruire il patrimonio della società);
La bancarotta preferenziale (effettuare pagamenti nei confronti di un creditore, in danno di tutti gli altri).
- La bancarotta patrimoniale
Il reato di bancarotta patrimoniale si realizza quando l’imprenditore distrae, sottrae, occulta o distrugge i beni dell’impresa, con l’obiettivo di danneggiare i creditori
Si tratta di un reato di mera condotta e di pericolo e ciò in quanto è sufficiente la messa in pericolo del patrimonio attraverso condotte potenzialmente depauperatorie, a prescindere dall’effettivo verificarsi dell’evento dannoso.
l delitto è diretto a tutelare l’integrità del patrimonio aziendale nella sua peculiare funzione di garanzia dei creditori.
Per tale ragione viene definito un reato di pericolo concreto, la cui offensività è contraddistinta dall’effettiva possibilità che, laddove per qualsiasi ragione si dia luogo ad una procedura concorsuale, l’esito della stessa venga condizionato da atti fraudolenti che abbiano comunque ridotto il patrimonio disponibile.
Il momento consumativo coincide quello della pronuncia della sentenza di fallimento e non è peraltro richiesta la sussistenza di alcun nesso causale tra la dichiarazione di fallimento e le condotte poste in essere dall’imprenditore.
3.1 La nozione di distrazione
“Distrarre” significa sottrarre beni, denaro o risorse dall’uso a cui erano destinati, solitamente per scopi personali o non autorizzati.
Nel reato di bancarotta fraudolenta, “distrarre” significa sottrarre beni aziendali alla massa fallimentare per utilizzarli in modo non conforme agli interessi dei creditori.
Per distrazione, giuridicamente apprezzabile ai fini dell’integrazione della corrispondente forma di bancarotta fraudolenta, si intende qualsivoglia distacco del bene o di utilità economiche dal patrimonio dell’imprenditore o della società, con conseguente depauperamento dell’asse concorsuale.
Per distacco penalmente rilevante si intende non solo il distacco fisico, ma anche giuridico, come la perdita di titolarità sul bene, conseguente a qualsiasi atto negoziale di disposizione che comporti diminuzione patrimoniale od anche l’assunzione di obbligazioni volte a determinare, comunque, pur con effetti differiti, quella diminuzione, con la messa in pericolo dell’integrità del patrimonio dell’imprenditore singolo, costituente garanzia generica del creditori, ai sensi della generale previsione dell’art. 2740 c.c., o del patrimonio della società.
Un esempio classico ed anche statisticamente apprezzabile nelle contestazioni di tale tipo attiene al reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale che si integri attraverso la cessione di un ramo di azienda senza corrispettivo o con corrispettivo inferiore al valore reale.
La bancarotta fraudolenta per distrazione si configura ogniqualvolta la condotta dell’imputato sia diretta ad impedire che un bene del fallito sia utilizzato per il soddisfacimento dei diritti della massa dei creditori. Un tale effetto si può produrre sia quando il bene è venduto, sia quando viene temporaneamente ceduto e io spostamento è suscettibile di recare pregiudizio ai creditori.
3.2 L’elemento dell’occultamento
“Occultare” significa nascondere o rendere non rintracciabili beni e risorse aziendali che dovrebbero essere messi a disposizione dei creditori e delle autorità competenti durante la procedura fallimentare.
L’occultamento è una delle condotte fraudolente previste dall’art. 216 L.F. e ciò in quanto impedisce la corretta valutazione e gestione del patrimonio dell’impresa fallita, arrecando danno ai creditori.
3.3 L’elemento della dissimulazione
“Dissimulare” significa nascondere intenzionalmente la vera natura, il valore o la presenza di beni, passività o operazioni economiche, attraverso comportamenti o artifici ingannevoli, al fine di ingannare i creditori o la curatela fallimentare.
3.4 L’elemento della distruzione
In ultimo, “distruggere” significa eliminare fisicamente beni (macchinari, attrezzature, scorte o altri beni aziendali) per ridurre il patrimonio disponibile per i creditori.
Il termine “dissipato” si riferisce alla gestione sconsiderata del patrimonio aziendale, che porta alla perdita o alla riduzione significativa di valore dei beni dell’impresa.
- 4. La bancarotta documentale
Il reato di bancarotta documentale si realizza quando l’imprenditore distrugge, occulta o falsifica i libri contabili e la documentazione aziendale per ostacolare la ricostruzione del patrimonio dell’impresa.
L’interesse tutelato è rappresentato dalla veridicità e trasparenza delle scritture o libri contabili.
La legge Fallimentare prevede due distinte ipotesi di bancarotta fraudolenta documentale.
La prima consiste nella sottrazione, distruzione, falsificazione dei libri e delle altre scritture contabili al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di arrecare un pregiudizio ai creditori.
La norma si riferisce (a differenza del caso della bancarotta documentale semplice) sia alle scritture contabili obbligatorie che a quelle facoltative utili ai fini della ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari.
La seconda consiste nella irregolare tenuta della contabilità, in modo da rendere impossibile ai creditori la corretta ricostruzione del patrimonio.
La bancarotta documentale è considerata un reato particolarmente grave in quanto ostacola le attività della curatela fallimentare ed impedisce ai creditori di conoscere la reale situazione patrimoniale e finanziaria della fallita, limitando così le loro possibilità di recuperare i propri crediti.
Rilevante in ordine alla sussistenza della bancarotta documentale è l’esistenza di elementi di prova inequivocabili del dolo, rappresentato dall’intenzionalità dell’omessa o irregolare tenuta delle scritture contabili, al fine di non consentire un’adeguata ricostruzione del patrimonio da parte del curatore fallimentare.
Ed infatti, è proprio l’elemento psicologico che caratterizza il reato in esame e lo differenzia da quello di bancarotta documentale semplice, che ha viceversa ad oggetto condotte colpose (ad esempio, disordine nella tenuta dei documenti, negligenza o imperizia nella gestione contabile), commesse senza la deliberata intenzione di frodare i creditori.
- La bancarotta preferenziale
Il reato di bancarotta preferenziale punisce, con la reclusione da uno a cinque anni, l’imprenditore che, in vista del fallimento, ponga in essere atti che determinino la violazione della cd. par condicio creditorum che consiste nell’alterazione dell’ordine, stabilito dalla legge, per la soddisfazione dei creditori.
La norma incriminatrice punisce pertanto l’imprenditore che favorisca alcuni dei creditori, effettuando pagamenti nei suoi confronti, in danno di tutti gli altri.
E’ il caso di un amministratore che, a conoscenza dell’imminente fallimento dell’azienda, decida di pagare integralmente un debito verso un fornitore con cui ha rapporti personali, lasciando invece gli altri creditori privi di risorse.
Per distrazione deve intendersi qualsivoglia distacco del bene o di utilità economiche dal patrimonio dell’imprenditore o della società, con conseguente depauperamento dell’asse concorsuale. Il distacco penalmente rilevante va inteso in senso non solo fisico, ma anche giuridico, come la perdita di titolarità sul bene, conseguente a qualsiasi atto negoziale di disposizione che comporti diminuzione patrimoniale od anche l’assunzione di obbligazioni volte a determinare, comunque, pur con effetti differiti, quella diminuzione, con la messa in pericolo dell’integrità del patrimonio dell’imprenditore singolo, costituente garanzia generica del creditori, ai sensi della generale previsione dell’ art. 2740 c.c., o del patrimonio della società.
La prova della distrazione o dell’occultamento dei beni della società dichiarata fallita può essere desunta dalla mancata dimostrazione, ad opera dell’amministratore, della destinazione dei beni societari a seguito del loro mancato rinvenimento.
Nel caso di cessione a prezzo vile (eccessivamente basso) di beni appartenenti alla fallita, la configurabilità del delitto, stante la reciproca autonomia tra procedura fallimentare e procedimento penale, non può essere esclusa dal rigetto da parte del giudice delegato della domanda di rivendicazione proposta dal terzo cessionario (Cass, Pen. sez. V , 17/11/2023 , n. 50797).
Integrano il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione tutte le operazioni economiche che, esulando dagli scopi dell’impresa, determinano, senza alcun utile per il patrimonio sociale, un effettivo depauperamento di questo in danno dei creditori, anche attraverso il distacco di beni da detto patrimonio, senza di contro immettervi alcun corrispettivo, così da impedirne l’apprensione da parte degli organi fallimentari. Al riguardo, la prova della distrazione o dell’occultamento dei beni della società dichiarata fallita è desumibile dalla mancata dimostrazione, da parte dell’amministratore, della loro destinazione al soddisfacimento delle esigenze della società (Cass. Pen., Sez. V , Sent. 26/10/2023 , n. 4816).
La continuazione dell’attività di impresa anche attraverso una nuova società avente sede operativa all’interno degli stessi locali in precedenza utilizzati dalla fallita, nonostante una dimostrata consistente esposizione debitoria, in mancanza di adeguate giustificazioni da parte dell’imputato realizzano e provano il dolo richiesto per la configurabilità del reato di bancarotta fraudolenta.
La sottrazione o dissipazione di un bene acquistato a mezzo di contratto di leasing configura il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale in quanto essa si sostanzia in un pregiudizio per la massa fallimentare che resta privata del valore del bene medesimo e, ad un tempo, è gravata di un ulteriore onere economico, scaturente dall’inadempimento dell’obbligo di restituzione alla società locatrice. (La Corte ha ritenuto non integrata la fattispecie di bancarotta fraudolenta distrattiva poiché alla risoluzione del contratto di leasing è seguita la restituzione del bene al concedente, con l’effetto che la massa creditoria non ha subito alcun pregiudizio – Cass, Pen., sez. V , 15/09/2023, n. 43302).
I pagamenti tra società infragruppo riconducibili all’operatività del contratto di “cash pooling” non integrano il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale purché i consigli di amministrazione delle società interessate abbiano deliberato il contenuto dell’accordo, definendone l’oggetto, la durata, i limiti di indebitamento, le aliquote relative agli interessi attivi e passivi e le commissioni applicabili (Cass. pen. sez. V , 23/06/2023 , n. 39139).
La più recente giurisprudenza ha poi ravvisato il delitto di bancarotta per distrazione nelle seguenti condotte:
- La restituzione ai soci dei versamenti conferiti in conto di aumento futuro di capitale, prima della scadenza del termine, pattuito o fissato dal giudice, per l’approvazione dell’aumento di capitale programmato, sia la restituzione operata, in assenza della fissazione di tale termine, nel corso della vita della società. (La Corte ha in questo caso precisato che i conferimenti in conto di aumento futuro di capitale, entrando a far parte del patrimonio sociale, costituiscono, in caso di insolvenza della società, una garanzia del diritto dei creditori di essere informati sulle condizioni finanziarie della società, sicché soltanto a seguito del verificarsi della mancata adozione della delibera di aumento del capitale nel termine fissato sorge il diritto dei soci conferenti alla restituzione delle somme, mentre, qualora non sia stabilito alcun termine, le somme devono restare vincolate alla copertura dell’aumento di capitale – Cass, Pen., sez. V , 23/06/2023 , n. 39139).
- Il conferimento di denaro dall’impresa individuale fallita alla società di cui l’imprenditore individuale detenga una parte delle quote in quanto integra il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione, determinando tale conferimento l’aumento di valore in percentuale sia delle quote dell’imputato, sia di quelle degli altri soci, l’incremento del patrimonio personale del primo è inferiore al valore della somma ingiustificatamente sottratta alla fallita (Cassazione penale , sez. V , 17/03/2023 , n. 25529).
- La cessione a titolo gratuito, da parte del fallito, di un contratto di locazione finanziaria ad altro utilizzatore, nel caso in cui si possa accertare che la prosecuzione del rapporto da parte del curatore fallimentare avrebbe in concreto costituito una risorsa economica per i creditori e non soltanto un onere. (La Corte ha in questo censurato la decisione con la quale si era ritenuta la valenza distrattiva della cessione gratuita di un contratto di leasing nonostante la rilevanza marginale della finalità traslativa del bene, desumibile dalla circostanza che le rate a carico del cessionario erano modulate in funzione del solo godimento del bene e commisurate alla sua progressiva svalutazione – Cass, Pen., sez. V , 06/12/2022 , n. 3429).
- La condotta dell’amministratore di una società di capitali che, in assenza di delibera assembleare, a titolo di corrispettivo per le prestazioni lavorative svolte, fruisca, per uso privato, di fringe benefits (nella specie, utilizzo di autovetture sociali) o prelevi beni di proprietà della società (nella specie, piastrelle), in quanto tali comportamenti, esulando dagli scopi dell’impresa, determinano un effettivo depauperamento del patrimonio in danno dei creditori (Cass, Pen., sez. V , 30/05/2023 , n. 38328),
- La condotta del socio che, nell’esercizio del diritto a vedersi liquidata la sua quota, prelevi dalle casse sociali somme asseritamente corrispondenti al credito vantato nei confronti della società senza alcuna indicazione di elementi oggettivi che consentano un’adeguata valutazione delle modalità di determinazione della congruità della somma, costituisce atto di disposizione patrimoniale intrinsecamente arbitrario che, in quanto idoneo a esporre a pericolo le ragioni dei creditori (Cassazione penale , sez. V , 22/02/2022 , n. 17092).
- Lo stesso dicasi per la rottamazione di giacenze di magazzino, anche se correttamente giustificata dal punto di vista materiale, che sia effettuata in assenza di elementi contabili individuanti un valore dei beni pari a zero in base alla normativa fiscale, operando la “rottamazione contabile” e quella “materiale” su piani non necessariamente coincidenti (Cass, Pen., sez. V , 11/01/2022 , n. 8921).
- La dismissione di beni strumentali obsoleti distaccati dal patrimonio sociale in assenza di utile o corrispettivo, trattandosi di beni la cui consistenza economica, sebbene minima, esigua o ridottissima, è idonea comunque a costituire garanzia per i creditori (Cass, Pen., sez. V , 03/06/2021 , n. 31680).
- Integra il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione la scissione di una società, successivamente dichiarata fallita, attuata mediante conferimento delle attività produttive economicamente più rilevanti, qualora tale operazione, in sé astrattamente lecita, alla luce della effettiva situazione debitoria della società scissa, rechi consapevole danno al patrimonio aziendale ed alla capacità di soddisfare le ragioni del ceto creditorio nella prospettiva della procedura concorsuale. (In questo caso la società dichiarata fallita, in stato di pregressa insolvenza ed in attuazione di un programma di ristrutturazione aziendale, realizzava plurime operazioni di parziale scissione proporzionale con costituzione di due nuove società, alle quali venivano attribuiti i rami d’azienda relativi alle principali produzioni e parte del patrimonio immobiliare sociale, in assenza di corrispettivo o trasferimento di posizioni debitorie). (Cass, Pen. sez. V, 27/05/2021, n. 29187).
Tra la fattispecie di cui all’art. 216 l. fall . e l’ art. 322 d.lg. 12 gennaio 2019, n. 14 (cd. Codice della crisi e dell’insolvenza di impresa) sussiste piena continuità normativa, stante l’identità della formulazione delle due norme incriminatrici, al netto di non rilevanti modifiche lessicali, cosicché la disciplina antecedente, da applicarsi ai sensi delle disposizioni transitorie di cui all’ art. 390, comma 3, codice della crisi , in ordine a tutti i casi in cui vi sia stata dichiarazione di fallimento, non determina alcun trattamento deteriore, rilevante ai fini dell’ art. 2 c.p. (Cass, Pen. Cass, Pen. La natura distrattiva di un’operazione infra-gruppo può essere esclusa in presenza di vantaggi compensativi che riequilibrino gli effetti immediatamente negativi per la società fallita e neutralizzino gli svantaggi per i creditori sociali (Cass, Pen., sez. I , 01/12/2022 , n. 18333).
Il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale non è escluso dalla provenienza illecita dei beni, poiché rientrano tutti quelli che fanno parte della sfera di disponibilità del suo patrimonio, indipendentemente dalla proprietà e dalle modalità del loro acquisto (Cass. pen., sez. V, 30/11/2022 , n. 7824).
Rientrando tra i beni del fallito solo le cose che abbiano fatto ingresso nel suo patrimonio, assume rilevanza penale non già la cessione a terzi di un bene goduto in comodato, posto che esso è oggetto di possesso precario, ma il venir meno, nel patrimonio del predetto, del diritto di godimento acquisito, previa verifica del suo effettivo valore al momento del trasferimento del bene (Cass. pen., sez. V, 24/10/2022, n. 45044).
Il distacco del bene dal patrimonio dell’imprenditore poi fallito, in cui si concreta l’elemento oggettivo del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, può realizzarsi in qualsiasi forma e con qualsiasi modalità, non avendo incidenza su di esso la natura dell’atto negoziale con cui tale distacco si compie, né la possibilità di recupero del bene attraverso l’esperimento delle azioni apprestate a favore degli organi concorsuali (Cass, Pen. sez. V , 14/07/2022 , n. 48872).
Si ravvisa una pluralità di reati laddove le singole condotte, riconducibili alle azioni tipiche previste dalle singole fattispecie incriminatrici, siano distinte sul piano ontologico, psicologico e funzionale e abbiano a oggetto beni specifici differenti. (La Corte ha evidenziato che, diversamente, non si ha pluralità di reati nel caso in cui le condotte previste dall’ art. 216 l. fall ., realizzate con più atti, siano tra loro omogenee, perché lesive del medesimo bene giuridico e temporalmente contigue Cass, Pen. sez. V , 01/04/2022 , n. 17799).
Oggetto della distrazione, oltre ai beni propri della società fallita, ben possono essere quelli che rientrino nella sua autonoma disponibilità e che costituiscano il patrimonio dei rapporti attivi facenti capo all’azienda, sicché il delitto è configurabile a carico dell’amministratore di una società fiduciaria che abbia distratto le somme a questa affidate dai singoli clienti.
Il prelievo di somme di denaro a titolo di restituzione dei versamenti operati dai soci in conto capitale (o indicati con analoga dizione) integra la fattispecie della bancarotta fraudolenta per distrazione, non dando luogo tali versamenti ad un credito esigibile nel corso della vita della società, mentre il prelievo di somme quale restituzione dei versamenti operati dai soci a titolo di mutuo integra la fattispecie di bancarotta preferenziale (Cassazione penale , sez. V , 21/06/2021 , n. 32930).
Quanto ai profili probatori la giurisprudenza ha chiarito come la prova della precedente disponibilità da parte dell’imputato dei beni non rinvenuti in seno all’impresa possa essere desunta anche dal bilancio, ove risulti intrinsecamente attendibile perché redatto in conformità alle prescrizioni imposte dalla legge. (Cassazione penale, sez. V, 23/04/2021, n. 20879). Integra il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione la concessione di una garanzia fideiussoria, senza corrispettivo e per una finalità estranea all’oggetto sociale, che determina di per sé ed automaticamente un pregiudizio economico per la società fallita. (Cass, Pen. sez. V, 03/02/2021, n. 9316).
Ricorrono gli “indici di fraudolenza”, rilevanti per l’accertamento dell’elemento oggettivo della concreta pericolosità del fatto distrattivo e del dolo generico, nella condotta di partecipazione ad un sistema di emissione di fatture per operazioni inesistenti e di ricezione di assegni in assenza di prestazione, solo apparentemente pattuita, realizzato in prossimità del fallimento quando lo stato di dissesto sia già conclamato. (Cass, Pen. sez. V, 19/01/2021, n. 12052).
Configura il delitto di bancarotta per distrazione, e non quello di bancarotta preferenziale, la condotta del socio amministratore di una società di persone che prelevi dalle casse sociali somme asseritamente corrispondenti a crediti dal medesimo vantati per il lavoro prestato nell’interesse della società, senza l’indicazione di elementi che ne consentano un’adeguata valutazione, atteso che il rapporto di immedesimazione organica che si instaura tra amministratore e società, segnatamente di persone (oltre che di capitali), non è assimilabile né ad un contratto d’opera né ad un rapporto di lavoro subordinato o parasubordinato che giustifichino di per sé il credito per il lavoro prestato, dovendo invece l’eventuale sussistenza, autonoma e parallela, di un tale rapporto essere verificata in concreto attraverso l’accertamento dell’oggettivo svolgimento di attività estranee alle funzioni inerenti all’immedesimazione organica. (Cass, Pen. sez. V, 12/02/2020, n. 14010).
Il recupero, da parte della curatela, dei beni non consegnati dal fallito non spiega alcun rilievo sulla sussistenza dell’elemento materiale del reato di bancarotta, il quale – perfezionato al momento del distacco del bene dal patrimonio dell’imprenditore – viene a giuridica esistenza con la dichiarazione di fallimento, mentre il recupero della “res” rappresenta solo un “posterius” – equiparabile alla restituzione della refurtiva dopo la consumazione del furto – avendo il legislatore inteso colpire la manovra diretta alla sottrazione, con la conseguenza che è tutelata anche la mera possibilità di danno per i creditori. (Fattispecie in cui la Corte ha confermato la condanna per bancarotta fraudolenta patrimoniale del fallito che non aveva messo immediatamente a disposizione della curatela tre autocarri, ma li aveva consegnati solo dopo che il curatore ne aveva individuato l’esistenza con una visura al PRA – Cass, Pen., sez. V, 03/03/2020 , n. 13820).
La prova della distrazione o dell’occultamento dei beni della società dichiarata fallita è desumibile dalla mancata dimostrazione, da parte dell’amministratore, della loro destinazione, tuttavia il giudice non può ignorare l’affermazione dell’imputato di aver impiegato tali beni per finalità aziendali o di averli restituiti all’avente diritto, in assenza di una chiara smentita emergente dagli elementi probatori acquisiti, quando le informazioni fornite alla curatela, al fine di consentire il rinvenimento dei beni potenzialmente distratti, siano specifiche e consentano il recupero degli stessi ovvero l’individuazione della effettiva destinazione. (In applicazione del principio la Corte ha ritenuto che non possa valere a superare l’inversione dell’onere della prova della distrazione di beni mobili a carico del fallito l’indicazione generica della loro ubicazione che non ne consenta l’esatta individuazione – Cass, Pen., sez. V , 17/01/2020 , n. 17228).
In tema di bancarotta, gli elementi dai quali desumere la sussistenza del dolo specifico nel delitto di bancarotta fraudolenta documentale specifica e del dolo generico nel delitto di bancarotta fraudolenta documentale generica non possono coincidere con il mero dato della scomparsa dei libri contabili o con la tenuta degli stessi in guisa tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari, essendo essi semplicemente gli eventi fenomenici, dal cui verificarsi dipende l’integrazione dell’elemento oggettivo del reato. Al contrario è necessario che ricorrano circostanze di fatto ulteriori, o quantomeno elementi di natura logica, in grado di farne emergere gli scopi che, nel caso della bancarotta fraudolenta documentale specifica, devono identificarsi nella finalità di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, ovvero, nel caso della bancarotta fraudolenta documentale generica, di recare pregiudizio ai creditori della consapevolezza che l’irregolare tenuta della documentazione contabile è in grado di arrecare pregiudizio alle ragioni del ceto creditorio (Cass, Pen., sez. V , 20/12/2023 , n. 5119).
Integra il delitto di bancarotta fraudolenta documentale la tenuta di un registro di magazzino virtuale che, attraverso la creazione di una rappresentazione contabile e documentale alternativa, impedisca la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari della società, ovvero comunque ostacoli gli accertamenti degli organi fallimentari con difficoltà superabili solo con particolare diligenza. (Fattispecie relativa a registro che, indicando dati diversi da quelli annotati nella contabilità ufficiale, aveva impedito la ricostruzione delle vicende effettive e dei rapporti di debito e credito tra la società concessionaria fallita e la casa madre – Cass, Pen., sez. V , 13/10/2023 , n. 46896).
Occorre distinguere tra impresa individuale e impresa collettiva, posto che, nel primo caso, vengono in considerazione i libri o le altre scritture contabili previste dall’ art. 2214 c.c. , mentre, nel secondo, assumono rilevanza tutti i libri la cui tenuta è obbligatoria “ ex lege ” per le società commerciali. (Fattispecie in tema di società a responsabilità limitata, in cui, oltre ai libri e alle scritture contabili previste dall’ art. 2214 c.c., espressamente richiamato dall’ art. 2478 c.c., vengono in considerazione anche i libri sociali obbligatori previsti da quest’ultima disposizione normativa, fra i quali il libro delle adunanze e delle deliberazioni del consiglio di sindacale – Cass, Pen., sez. V , 07/06/2022 , n. 37077).
Il dolo generico, può essere desunto, con metodo logico-presuntivo, dall’accertata responsabilità dell’imputato per fatti di bancarotta fraudolenta patrimoniale, in quanto la condotta di irregolare tenuta dei libri o delle altre scritture contabili, che rappresenta l’evento fenomenico dal cui verificarsi dipende l’integrazione dell’elemento oggettivo del reato, è di regola funzionale all’occultamento o alla dissimulazione di atti depauperativi del patrimonio sociale (Cass, Pen., sez. V , 08/04/2022 , n. 33575).
Per la sussistenza del dolo dell’amministratore solo formale non occorre che questi si sia rappresentato ed abbia voluto gli specifici interventi da altri realizzati nella contabilità volti ad impedire o a rendere più difficoltosa la ricostruzione degli affari della fallita, ma è sufficiente che l’abdicazione agli obblighi da cui è gravato sia accompagnata dalla rappresentazione della significativa possibilità dell’alterazione fraudolenta della contabilità e dal mancato esercizio dei poteri-doveri di vigilanza e controllo che gli competono (Cass, Pen., sez. V , 04/11/2021 , n. 44666).
L’imprenditore non è esente da responsabilità per il fatto che la contabilità sia stata affidata a soggetti forniti di specifiche cognizioni tecniche, in quanto, non essendo egli esonerato dall’obbligo di vigilare e controllare le attività svolte dai delegati, sussiste una presunzione semplice, superabile solo con una rigorosa prova contraria, che i dati siano stati trascritti secondo le indicazioni fornite dal titolare dell’impresa (Cass, Pen., sez. V , 30/11/2020 , n. 36870).
In tema di bancarotta fraudolenta documentale, l’occultamento delle scritture contabili, per la cui sussistenza è necessario il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori, consistendo nella fisica sottrazione delle stesse alla disponibilità degli organi fallimentari, anche sotto forma della loro omessa tenuta, costituisce una fattispecie autonoma ed alternativa – in seno all’ art. 216, comma 1, lett. b), l. fall. – rispetto alla fraudolenta tenuta di tali scritture, in quanto quest’ultima integra un’ipotesi di reato a dolo generico, che presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dai predetti organi. (La Corte ha ritenuto corretta l’individuazione della prova del dolo specifico sufficiente ad integrare la condotta di occultamento nell’approvazione, da parte del liquidatore della società, di due bilanci successivi senza avere la disponibilità delle scritture contabili – Cass, Pen. sez. V , 08/10/2020 , n. 33114).
Sussiste il reato di bancarotta fraudolenta documentale anche quando la documentazione possa essere ricostruita aliunde, poiché la necessità di acquisire i dati documentali presso terzi costituisce riprova che la tenuta dei libri e delle altre scritture contabili era tale da rendere, se non impossibile, quantomeno molto difficoltosa la ricostruzione del patrimonio o del movimento di affari. (Fattispecie relativa alla fraudolenta esposizione di liquidità in conto cassa, a fronte di una acclarata situazione di dissesto, rilevata attraverso l’esame della documentazione bancaria – Cass, Pen., sez. V , 21/02/2020 , n. 21028).
Il dolo generico deve essere desunto, con metodo logico-inferenziale, dalle modalità della condotta contestata, e non dal solo fatto che lo stato delle scritture sia tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari, fatto che costituisce l’elemento materiale del reato ed è comune alla diversa e meno grave fattispecie di bancarotta semplice, incriminata dall’ art. 217, comma 2, l. fall .; né può essere dedotto dalla circostanza che l’imprenditore si sia reso irreperibile dopo il fallimento, costituendo detta condotta un posterius rispetto al fatto-reato. (Nella fattispecie, in cui l’imputata era stata assolta da una concorrente imputazione di bancarotta fraudolenta patrimoniale, la Corte ha evidenziato la necessità di una motivazione particolarmente rigorosa sull’elemento soggettivo dell’addebito residuo, la cui prova non poteva giovarsi della presunzione per la quale l’irregolare tenuta delle scritture contabili è di regola funzionale all’occultamento o alla dissimulazione di atti depauperativi del patrimonio sociale – Cass, Pen., sez. V , 22/02/2019, n. 26613).
La circostanza attenuante del danno di speciale tenuità, prevista dall’ art. 219, comma 3, l. fall ., deve essere valutata in relazione al danno causato alla massa creditoria in seguito all’incidenza che le condotte integranti il reato hanno avuto sulla possibilità di esercitare le azioni revocatorie e le altre azioni poste a tutela degli interessi creditori. (La Corte ha osservato che l’occultamento delle scritture contabili, rendendo impossibile la ricostruzione dei fatti di gestione dell’impresa fallita, impedisce la stessa dimostrazione del danno, onde la mancanza delle scritture non può essere utilizzata per presumere circostanze favorevoli all’imputato, salvo che le contenute dimensioni dell’impresa non rendano plausibile la determinazione di un danno particolarmente ridotto – Cass, Pen., sez. V , 03/12/2018 , n. 7888).
In tema di bancarotta fraudolenta, spetta al giudice di merito verificare se, in assenza di una delibera assembleare o di una quantificazione statutaria del compenso per l’attività svolta, cui ha diritto il soggetto che abbia ritualmente accettato la carica di amministratore di una società di capitali, il prelevamento da parte di quest’ultimo di denaro dalle casse della società in dissesto configuri il delitto di bancarotta preferenziale o, diversamente, quello di bancarotta fraudolenta per distrazione, a seconda che il diritto al compenso sia correlato o meno a una prestazione effettiva e il prelievo sia o meno congruo rispetto all’impegno profuso (Cass, Pen., sez. V , 11/05/2023 , n. 36416).
Sussiste la violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza nel caso di riqualificazione dell’originaria imputazione di bancarotta preferenziale nel più grave reato di bancarotta per distrazione, quando il fatto storico risulti oggettivamente diverso da quello contestato, per la trasformazione radicale della fattispecie concreta nei suoi elementi essenziali, tale da ingenerare incertezza sull’oggetto dell’imputazione e pregiudicare il diritto di difesa Cass, Pen., sez. V , 22/09/2021 , n. 37461.
Il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta del denaro costituente profitto di un reato per il quale non è prevista la confisca per equivalente (nella specie, bancarotta fraudolenta patrimoniale) non può avere a oggetto denaro di certa provenienza lecita, percepito successivamente all’esecuzione del sequestro o, in caso di mancata adozione della misura cautelare reale, della confisca, qualora, essendo venuto meno nel patrimonio dell’imputato, al momento della cautela reale o dell’ablazione, qualsivoglia attivo dello stesso genere, sia impedita l’automatica confusione nel patrimonio stesso del denaro acquisito lecitamente dopo l’esecuzione della misura cautelare o di quella ablativa Cass, Pen., sez. V , 27/06/2023 , n. 31186.
Sempre in tema di sequestro conservativo, ai fini della dichiarazione di inefficacia delle distrazioni compiute dal colpevole del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, per individuare l’anteriorità o posteriorità degli atti dispositivi rispetto al reato, ai sensi degli artt. 192 e 194 c.p. , deve aversi riguardo al momento della realizzazione della condotta e non a quello della sentenza dichiarativa del fallimento Cass, Pen., sez. V , 05/05/2021 , n. 20646.
In tema di sequestro conservativo disposto nell’ambito di un procedimento per bancarotta a garanzia del credito risarcitorio della massa fallimentare, rappresentata dal curatore, il valore dei beni da sottoporre al vincolo deve essere determinato in relazione all’ammontare complessivo del danno (nel caso di specie, determinato dal giudice della cognizione con sentenza di primo grado) e non può essere limitato al valore, in ipotesi minore, del passivo fallimentare, a meno che quest’ultimo non sia stato accertato in via definitiva, ricomprendendovi le spese della procedura e tutte le ulteriori ragioni di credito, ivi comprese quelle connesse ai danni, anche non patrimoniali, cagionati alla società e agli altri soci (Cass, Pen., sez. V , 28/05/2019 , n. 32468).
In tema di reati fallimentari, ai fini della concessione dell’attenuante di cui all’ art. 219, comma 3, l. fall ., l’entità del danno cagionato deve essere riferita al momento della consumazione del reato, essendo invece irrilevanti eventuali eventi successivi. (La Corte ha ritenuto irrilevante per il riconoscimento dell’attenuante il fatto che la procedura fallimentare fosse stata definita con un concordato – Cass, Pen., sez. V , 26/11/2020, n. 856).
La concessione della circostanza attenuante del ravvedimento operoso, di natura soggettiva, richiede che la condotta resipiscente, posta in essere dopo la consumazione del reato, ma prima del giudizio, per elidere o attenuare le conseguenze dannose o pericolose del reato, sia spontanea e determinata da motivi interni, senza pressioni o costrizioni e non influenzata da fattori quali l’arresto e lo stato di detenzione. (Fattispecie relativa a plurimi fatti di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale, in cui la Corte ha annullato con rinvio la sentenza di appello che non aveva riconosciuto l’attenuante in esame nella condotta dell’imputato, amministratore unico della società fallita, che, contestualmente alla dichiarazione di fallimento, in una primissima fase di indagini aveva inoltrato alla polizia giudiziaria un memoriale il cui contenuto, oltre a svelare le trame societarie criminose, aveva consentito l’individuazione dei complici, abituali interlocutori della società sotto falso nome – Cass, Pen., sez. V , 09/12/2019 , n. 17226).
Concorre in qualità di extraneus nel reato di bancarotta fraudolenta documentale il tecnico informatico che, consapevole dei propositi illeciti dell’amministratore di una società in dissesto, lo aiuti a eliminare dalle banche dati file contenenti documentazione contabile, così da impedire la ricostruzione della situazione economica, patrimoniale e degli affari della fallita, nella consapevolezza di cagionare – con tale condotta – pregiudizio ai creditori sociali Cass, Pen., sez. V , 29/03/2022 , n. 21475.
Concorre in qualità di extraneus nel reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale, il legale o il consulente contabile che, consapevole dei propositi distrattivi dell’imprenditore o dell’amministratore di una società in dissesto, fornisca a questi consigli o suggerimenti sui mezzi giuridici idonei a sottrarre i beni ai creditori o li assista nella conclusione dei relativi negozi, ovvero svolga un’attività diretta a garantire l’impunità o a rafforzare, con il proprio ausilio e con le proprie preventive assicurazioni, l’altrui progetto delittuoso. (La Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza che aveva affermato la responsabilità dell’imputato che, quale consulente di una società, era stato l’ideatore di complesse operazioni di fusione per incorporazione finalizzate alla dismissione del patrimonio della fallita, predisponendo il contenuto degli atti negoziali e gestendo la definizione dei relativi rapporti economici Cass, Pen., sez. V , 08/02/2021 , n. 18677).
In tema di concorso nel reato di bancarotta fraudolenta, il dolo dell’extraneus nel reato proprio dell’imprenditore richiede la consapevolezza della qualifica del soggetto intraneus, ma non la rappresentazione della sussistenza dei requisiti soggettivi di fallibilità, quali la tipologia e le dimensioni dell’impresa Cass, Pen., sez. V , 11/07/2019 , n. 37194.
In tema di concorso nel reato di bancarotta preferenziale, il dolo dell’extraneus nel reato proprio dell’amministratore consiste nella volontarietà della propria condotta di sostegno a quella dell’intraneus, con la consapevolezza che essa determina la preferenza nel soddisfacimento di uno dei creditori rispetto agli altri, non essendo, invece, richiesta la specifica conoscenza del dissesto della società Cass, Pen., sez. V , 27/03/2018 , n. 27141, Cass, Pen., sez. V , 17/05/2017 , n. 54291.